lunedì 19 marzo 2007

Perchè questo nome




La massaia rurale. Perché questo nome per il mio diario?
Mi ricordavo di aver trovato qualche anno fa, fra i documenti della mia nonna Irma, una sua vecchia carta di identità dove alla voce “professione” stava scritto proprio “massaia rurale”. La definizione mi colpì. Già la parola massaia non si usa quasi più, sa di tegami che lungamente sobbollono sul fuoco, di bucati messi sotto acquetta o addirittura sotto ranno, di calze rammendate con l’aiuto dell’uovo di legno, di pavimenti tirati a cera, di centrini all’uncinetto e di lenzuola con l’orlo a giorno. Non si dice più massaia, semmai si dice casalinga, che forse ha un suono più anonimo e vago e ammette l’uso di microonde e di salviette usa e getta.
Ma soprattutto lì per lì mi sembrò bizzarro che si volesse precisare che si trattava di una massaia che vive in campagna. Che differenza c’è, che bisogno c’è di specificare?, pensai. E invece, riflessione immediatamente successiva, c’è una bella differenza, perché la massaia che vive in campagna, oltre ai consueti lavori di casa della massaia cittadina, faceva (e fa) molte altre cose: c’è il pollaio da badare, un’occhiata all’orto, una dispensa più ricca e più complessa da tenere in ordine... mille altre faccende che, evidentemente, l’impiegato del comune aveva in mente compilando la carta di identità della mia nonna; o magari davano sostanza ad una diversa codifica in qualche elenco delle professioni, una sorta di tabella Istat dell’epoca.
E siccome anch’io oggi, con qualche imbellettatura moderna, altro non sono che una massaia rurale, mi è piaciuta l’idea di rivestirmi della stessa qualifica professionale della mia nonna.
La cosa buffa è che oggi sono andata a cercare quella vecchia carta di identità per scannerizzarla e metterla qui, e ho scoperto che il mio ricordo era del tutto sbagliato: alla voce “professione” c’è scritto “atta a casa”! Altrettanto datato ma più rozzo. Eppure sono convinta che “massaia rurale” non me lo sono inventato, l’ho trovato da qualche altra parte fra le carte di nonna Irma. Forse lo ritroverò.
E la voglia di scrivere e favoleggiare, diffusa un po’ in tutti i rami della famiglia, mi viene però più intensamente, credo, dall’altra nonna, nonna Renata.
Ecco, invocati i miei numi tutelari ora si può cominciare.


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