martedì 20 marzo 2007

Marmellate di arance

Anche Leo è più o meno dello stesso colore...


Questa è la marmellata di Lia




Questa è la marmellata della mamma di Cristina




Questa è la marmellata alla scozzese, versione modificata


Scritto in febbraio

Breve vacanza da Lia, a Sorrento. Come molti anni fa (era da tanto tempo che non andavo da quelle parti!) ho ritrovato lo stupore per i lunghi viali fiancheggiati da alberi di arance, i grossi frutti maturi già caduti a terra per quest’inverno così mite. E ancora arance e limoni nei giardini delle case, basta un quadratino di terra e già troneggia un immenso albero delle foglie verdissime e carico di frutti, e ancora arance e limoni ombreggiati e coperti da stuoie e cannicci contro la grandine o il sole cocente che verrà.
Me ne sono tornata a casa con tre cassette colme delle arance di Lia, colte nel suo giardino proprio il giorno della partenza. Arance grosse e dalla buccia spessa e opaca (non trattate, biologiche ben oltre ogni codifica), dolci e succose. Lia mi ha dato la sua ricetta preferita, ma vista l’abbondanza ho anche voluto sperimentare altre ricette trovate su libri o suggerite da altri. Per molti giorni la cucina del ristorante, casa mia e l’aria tutto intorno al podere si sono profumate dell’aroma denso eppure fresco e pungente delle arance. Ecco le ricette.

Marmellata di arance di Lia
Pesare le arance, e per ogni chilo di frutta pesare 700 gr di zucchero. Con un pelapatate sbucciare le arance e tagliare le bucce a filetti sottili. Sbollentare per tre volte e mettere da parte. Sbucciare nuovamente le arance per togliere la parte bianca, ed eliminare quanto più possibile tutti i semi e i filamenti. Lavorare sopra un recipiente per non perdere il succo. Mettere la polpa, il succo, le bucce sbollentate e lo zucchero in un tegame largo e basso. Portare a bollore e far cuocere a fuoco alto girando spesso, soprattutto dal momento in cui la marmellata comincia ad addensare. Essendo così liquida pensavo ci volesse molto tempo, invece in meno di mezz’ora la goccia fatta cadere sul piattino freddo scorreva molto pigramente. E anzi bisogna ricordare che raffreddandosi addensa molto, tanto che la prima mandata che ho fatto è diventata quasi soda e l’ho dovuta ammorbidire con qualche cucchiaio di acqua prima di invasarla. Dunque meglio lasciarla un po’ liquida.
Lia invasa la marmellata bollente in vasi sterilizzati e conserva al fresco. Succede, ed è assolutamente normale, che dopo qualche mese si formi una muffetta sulla superficie della marmellata. Basta toglierla con un cucchiaio e mangiarsi tranquillamente quello che sta sotto. Ricordo bene mia nonna che toglieva così la muffetta profumata dai vasi della sua marmellata di susine, e la spalmava poi sul pane per la merenda della sua adorata nipotina, io. In campagna si è sempre fatto così, e magari siamo cresciuti più sani e forti anche per qualche sbaffo di muffetta sfuggita al cucchiaio della nonna.
Ma credo che la asl non approverebbe, e comunque preferisco star sicura. Dunque io faccio raffreddare la marmellata, questa come qualunque altra, e questo mi consente anche di controllare la densità: se è troppo soda ammorbidisco, se rimane liquida faccio alzare il bollore di nuovo. E poi invaso, metto i vasetti in una grossa pentola dove possano stare coperti d’acqua, porto a bollore e faccio bollire per un quarto d’ora o 20 minuti, dipende dalla grandezza dei vasi. Faccio raffreddare sempre immersi nell’acqua, e poi in dispensa. Per questa, come per quasi tutte le marmellate, bisognerebbe aspettare almeno una settimana prima di mangiarla. Il sapore migliora.
Un po’ lunga e noiosa la preparazione delle bucce, ma viene molto delicata, bellissima da vedere. Forse perde un po’ di profumo, ma è sicuramente perfetta la mattina a colazione.

Marmellata di arance della mamma di Cristina
Cristina l’ho persa di vista da tanti anni, ma ricordavo ancora la ricetta che mi aveva dato quando rimasi estasiata dalla marmellata fatta dalla sua mamma. Bucce intere in pezzi grossi, quasi candite, immerse in una sorta di gelatina trasparente e profumatissima. Si fa così.
Pesare le arance, e per ogni chilo di frutta pesare un chilo e mezzo di zucchero. Con una forchetta bucherellare profondamente le arance, insistendo soprattutto dove la buccia è più spessa, vicino all’attaccatura del picciolo. Metterle in una catinella piena d’acqua e lasciarle per almeno un giorno e una notte cambiando spesso l’acqua, o meglio lasciarle sotto il rubinetto appena aperto in modo che un filo d’acqua coli continuamente in modo da spurgare l’amaro delle arance.
Si fanno poi a grossi pezzi i frutti eliminando i semi e si mettono nel solito tegame basso e largo con lo zucchero. Far bollire dolcemente finchè si rapprende, e anche qui è meglio lasciarla un po’ liquida. Far raffreddare, invasare e sterilizzare i vasi come sopra.
Viene molto più rustica e consistente, trovo piacevole il contrasto fra le bucce che si mangiano a morsi e la parte gelatinosa.

Marmellata di arance alla scozzese
(diciamo così, visto che ho trovato la ricetta in un libro della signora Claire McDonald of McDonald, ma l’ho un po’ modificata)
Per 1 kg di frutta pesare 1 kg e mezzo di zucchero. Mettere le arance intere in una grossa pentola, coprirle di acqua e portare a bollore. Far bollire dolcemente per una mezz’oretta, poi scolare l’acqua e far raffreddare. Quando si possono maneggiare, aprire e togliere i semi, fare a pezzi e frullare in un robot da cucina. Si può tritare più o meno finemente, lasciando pezzi un po’ grossi oppure riducendo proprio in purè. Mettere poi nel tegame con lo zucchero, aggiungere anche un bicchiere d’acqua per ogni chilo di frutta, portare a bollore e far cuocere dolcemente finché si rapprende.
E’ la ricetta più spiccia da fare, ma la marmellata che ne viene fuori è la meno bella da vedere, il colore è opaco e molto più scialbo che nelle precedenti, però è comunque molto buona di sapore, forse addirittura la migliore delle 3. Magari si può tenere per crostate.
Variante: proprio per via del colore non bellissimo ho provato una via di mezzo. Una volta bollite le arance, le ho aperte ed ho fatto le bucce a strisce sottili, poi ho cotto come nella ricetta originale. Il procedimento diventa più lungo e noiosetto, il risultato finale migliore d’aspetto. Una via di mezzo insomma.

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