mercoledì 29 aprile 2009

TAZZE E PIATTINI


Anche questa è una storia graziosa, direi.
Tra le cose di nonna Irma c’erano due tazze come quella che vedete qui sopra, complete di piattini: Villeroy e Boch, decoro Wild Rose. Ce n’erano solo due perché, mi pare vagamente di ricordare, era stata zia Nanda a portarle a casa di nonna, insieme alla zuccheriera. Zio Mario brontolava sempre perché le tazze da tè di nonna erano di quelle basse e larghe, addirittura un po’ svasate in alto, e girando lo zucchero con poco garbo finiva sempre per versare metà del tè sul piattino. E allora zia Nanda aveva portato a casa dei nonni queste due tazze alte e strette, conformi ai gusti di zio. Gli uomini di famiglia sono un po’ uggiosi, diciamolo…
E insomma, tra le mille cose di nonna c’erano queste due tazze e solo due, entrambe un po’ sbeccate e una decisamente incrinata. Sono diventate presto le mie preferite per il caffè mattutino, ma un brutto giorno me ne è caduta una, quella sana, e si è rotta in mille pezzi. Lo so, sono una feticista: niente mi addolora quanto rompere o perdere qualcosa che viene dal passato, e quanto più è remoto tanto più mi dispero. Non mi importa niente di rompere i piatti che ho comprato io, ma rompere i piatti sbeccati e scompagnati, vecchi di cinquant’anni, che sono stati usati in famiglia per anni e anni mi sembra terribile. E casa mia somiglia sempre più ad uno di quei musei tipicamente inglesi che espongono gli oggetti di uso quotidiano di 100 anni fa.
E dunque mi ritrovo con una zuccheriera (il pomello del coperchio già riparato con la colla da nonna), due piattini ed una tazza gravemente incrinata. Poco fiduciosa provo a guardare su ebay, che a volte immagino un po’ come fosse la luna nell’Orlando Furioso, il luogo dove va a finire tutto ciò che si perde sulla terra. E miracolosamente, come Astolfo ritrova sulla luna il senno perduto di Orlando, così io trovo su ebay un tedesco che vende… esattamente due tazze senza i piattini!
Ma ne trovo anche un altro che ne vende quattro, complete di piattino, e alla fine, benché la misteriosa simmetria tra me e il primo venditore mi impressioni non poco, decido di arricchire le dotazioni di nonna e compro le quattro. Che, una volta arrivate, rivelano un colore delle rose appena più pallido di quelle che avevo, ma sono proprio loro.
Adesso uso sempre le tazze tedesche come fossero fotocopie dell’originale; e l’unica tazza superstite di nonna, quella incrinata, se ne sta al sicuro dentro la vetrina, proprio come nella teca di un museo. O meglio, confesso: c’è anche quella rotta, ho amorevolmente incollato i pezzi come fosse un vaso etrusco. Forse da ciò risulto non troppo sana di mente?

sabato 25 aprile 2009

BECCATA LA GAZZA!




Eccola qua, dopo una serie di appostamenti infruttuosi sono riuscita a beccarla, come lei sta beccando furiosamente sui vetri delle finestre al piano di sopra. Negli ultimi giorni la sento di continuo, ed è come sentir bussare alla porta perché dà sempre una serie di tre colpi, tun tun tun, che rimbombano in tutta la casa. Allora prendo la macchina fotografica e salgo le scale piano piano, mi affaccio dalla porta della camera, che ho lasciato aperta da qualche giorno, e provo a scattare. Finora lei volava via prima che io avessi il tempo di inquadrarla, stamani invece sono riuscita a fare diversi scatti. Spero solo che i vetri reggano…

I FONDAMENTALI - IL RAGU'




Banale ma, appunto, fondamentale. Ognuno lo fa a modo suo, e io naturalmente racconto il mio, che è anche quello della mia mamma.

500 gr di macinato di manzo
1 salsiccia spellata (80 – 100 gr)
2 cipolle bianche
4 carote
1 costola di sedano
2 bicchieri di olio
2 bicchieri di vino bianco
1 cucchiaio colmo di doppio concentrato di pomodoro
sale e pepe
1) Nel robot da cucina frullare cipolle, carote e sedano in pezzettini piccolissimi ma senza ridurli a purè. Versare nel tegame di alluminio con l’olio e la salsiccia spellata e sminuzzata (foto 1). Far rosolare a fuoco vivace mescolando spesso fino a far evaporare l’acqua delle verdure senza farle bruciare.
2) Con il fuoco al massimo, aggiungere la carne macinata sgranandola col mestolino e farla rosolare bene bene mescolando spesso. Bene bene significa fino a quando comincia ad attaccarsi e si forma una crosticina giro giro al tegame, come si vede nella seconda foto.
3) Versare il vino bianco e mescolare, abbassare il fuoco al minimo e incoperchiare. Dopo 5 - 10 minuti togliere il coperchio, e con il mestolino di legno grattare il fondo e i lati del tegame per staccare la crosticina dorata. In breve, deglassare! Nel frattempo alzare la fiamma per finire di far evaporare il vino.
4) Salare e pepare adesso, non prima! Il concetto è che non si deve salare la carne prima che sia ben rosolata (quindi sigillata) e parzialmente reidratata dal vino, altrimenti il sale toglie i succhi e il sapore dai singoli pezzettini di macinato. E ditemi che non sono scientifica! Altro che cucina molecolare….
5) Sempre a fuoco vivace, aggiungere il concentrato di pomodoro e 4 – 5 bicchieri d’acqua. Mescolare bene e coprire di nuovo. Quando riprende il bollore, abbassare la fiamma al minimo e scostare parzialmente il coperchio in modo da lasciare uscire il vapore.
6) Lasciar sobbollire per mezz’ora – quaranta minuti circa, mescolando di tanto in tanto e staccando le crosticine dai lati del tegame. L’acqua evapora, il sugo ritira e si concentra, le verdure nel frattempo si sono disfatte rendendolo cremoso. Spegnere prima che asciughi troppo.
7) Se non si utilizza subito, lasciarlo un po’ raffreddare nel tegame, poi travasarlo in un contenitore di plastica con coperchio e lasciarlo raffreddare completamente. L’olio e il grasso vengono a galla formando uno strato solido che aiuta la conservazione. Quando si vuole utilizzarlo prelevarlo a cucchiaiate tagliando in verticale, in modo da prendere la carne e il sugo in proporzione. I salutisti possono decidere di eliminare una parte del grasso, ma per favore, non del tutto! Meglio mangiare un po’ meno pasta ma condita come si deve. E del resto un piatto di pasta col ragù è un pasto completo, diciamolo!
8) Corollario: sughetto per crostini! Far scaldare due o tre cucchiaiate di ragù in un pentolino aggiungendo due o tre cucchiai di acqua, 4 filetti di acciughe dissalate o sottolio e una cucchiaiata di capperi sottaceto ben sgocciolati. Far sobbollire 5 minuti (le acciughe si disfano e scompaiono; nonna aggiungeva qui anche della milza, ma ormai è introvabile), tostare delle fette di pane, disporle in un piatto e versarvi sopra il sugo caldo. Servire subito.

giovedì 23 aprile 2009

TULIPANI CON CODA DI GATTO


Lo scorso ottobre ho comprato tanti tanti bulbi di tulipani. Sono venuti bene, ho avuto fioriture bellissime ma brevissime. Mentre fotografavo, è passato uno dei miei gatti. E' la foto che è venuta meglio...

IL MIO BELLISSIMO GLICINE


L'ho piantato io otto anni fa, ed ho ingenuamente guidato i tralci in crescita, attorcigliandoli attorno alla ringhiera della terrazza. Ben presto ho capito che prima o poi il glicine storcerà le bacchette di ferro e le svellerà dal pavimento. Ha un vigore che mi sbalordisce ogni primavera. Il colore è un po' sbiadito, ma è sempre profumatissimo.

mercoledì 22 aprile 2009

SEMPRE PASQUA 2009




PASQUA 2009

ANTIPASTI
Uovo benedetto con affettati e schiaccia di Pasqua
Crostini del Podere
Fagottini di scarola
Sformato di zucchini
Insalatina di soppressata e arance
Polpettine alle olive e mortadella

PRIMI PIATTI
Stracci di pasta fresca con pancetta, carciofi, asparagi e mentuccia
Ravioli di ricotta e spinaci al burro

SECONDI PIATTI
Agnello al forno con tortino di patate
Arista al forno con scalogni glassati all’aceto balsamico

DESSERT
Pastiera
Bavarese di ananas
Mousse di cioccolato




Questo è stato il menù di Pasqua, le foto sopra sono della pasta preparata da Assunta il giorno prima.

martedì 21 aprile 2009

PASQUA 2009











Grazioso aneddoto di vita in campagna. La cantina del podere è chiusa da una pesante porta in legno, quella che c’era quando ho comprato il podere e che babbo ha restaurato con grande impegno. Non c’era più la chiave originale, e quelli della ferramenta Rabagli a Grosseto l’hanno fatta a mano prendendo il calco dalla serratura: una grossa serratura in ferro, una chiave pesante che va infilata in un certo verso e girata in un certo modo.
Il sabato di Pasqua si cucina tutto il giorno per il pranzo del giorno dopo, la sera ci sono ospiti a cena, e verso mezzanotte, al momento di chiudere la cantina, la chiave si infila storta, dà comunque una mandata ma rimane incastrata e non si toglie più, non va avanti né indietro, e soprattutto la porta resta chiusa. Ci proviamo io, Riccardo e Sabrina a riaprire, Sabrina riesce ad estrarre la chiave ma la serratura resta bloccata e la porta chiusa. E dentro la cantina ci sono, oltre a mille altre cose che servono spesso, l’acqua e il vino per il pranzo di Pasqua!
Sabri promette di avvisare Paolo, il suo babbo, ché venga la mattina di Pasqua a cercare di aprire la cantina, altrimenti bisognerà spaccare la porta. E ce ne andiamo a letto.
La mattina di Pasqua scendo alle 7 per preparare la colazione per gli ospiti, ma trovo già Paolo ad armeggiare davanti alla porta con cacciavite vari. E poi me ne vado in cucina, ma mentre scaldo il latte e verso il caffè giro gli occhi verso la porta della cantina e vedo… due piedi che sbucano dal muro! Una volta tanto la macchina fotografica è a portata di mano, mi precipito a immortalare il momento.
Non riuscendo a smuovere la serratura dall’esterno, Paolo ha deciso che l’unico modo è cercare di sbloccarla dall’interno; e per entrare c’è solo quel finestrino, molto alto dal pavimento della cantina, che è interrata rispetto al marciapiede; ma per fortuna sotto il finestrino ci sono le bottiglie dell’acqua, e per fortuna sono bottiglie in plastica; e per fortuna Paolo è in forma smagliante e passa dal finestrino!
Lieto fine: Paolo sguscia in cantina come un gatto, riesce a sbloccare e poi a riparare la serratura, gli ospiti hanno anche acqua e vino a tavola.
Grazie Paolo, mio salvatore in questa come in tante altre occasioni!

SPEZZARE L’INCANTESIMO


Ormai sono passati due anni pieni dall’ultima volta che ho scritto nel mio blog, spesso ho pensato di riprendere il filo e poi per mille ragioni ho lasciato perdere. Ci riprovo adesso, in un momento in cui ho di nuovo voglia di raccontare. E’ strana, questa voglia di raccontare. Va e viene, e non so mai se è voglia di raccontare ad altri o a me stessa, giusto per ricordarmi, tra qualche anno, vicende e pensieri passati.
E a volte c’è la voglia di raccontare ma c’è anche una strana resistenza, forse una banale pigrizia oppure un più complesso blocco inconscio che mi trattiene sul ciglio del foglio bianco, cartaceo o elettronico che sia. Un incantesimo che mi pietrifica. A spezzare l’incantesimo sicuramente mi sta aiutando Facebook, al quale mi sono iscritta da un paio di mesi. Brevi frasi, pensieri slegati tra loro ma subito letti e commentati da amici. Riprendo il ritmo della parola scritta.
E per cominciare: stamattina alle 6 e mezza mi ha svegliato un rumore insistente, un picchiettare ostinato come su vetro o su legno. Come qualcuno che bussasse alla mia finestra. Nelle nebbie del sonno che svanivano non capivo da dove venisse. Ha smesso, poi ha ricominciato. Mi è sembrato che venisse dal piano di sopra, ho salito le scale e l’ho sentito forte dalla camera singola. Ho aperto la porta piano piano e finalmente ho visto una grossa, bellissima gazza sul davanzale della finestra che picchiava forte il becco sul vetro. Ed è tutto il giorno che continua! Tutte le volte salgo piano le scale per cercare di fotografarla, ma non ci sono riuscita, ci guardiamo negli occhi per qualche istante ma non faccio in tempo a scattare. Quindi niente foto della gazza, la foto del mio nuovo inizio è fuori tema, diciamolo. Ma è primavera, questo è il mio pruno fiorito.